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La Chiesa dell'Addolorata è situata in Piazza Statuto a Casale Monferrato (AL). Edificata nel 1768 dall'architetto Magnocavalli. L'interno a pianta centrale conserva nella zona absidale due sculture lignee probabilmente della fine del XVII secolo.

La Partecipazione cittadina

Se per buona parte della prima metà del secolo scorso la nostra Parrocchia era conosciuta e apprezzata in città per il suo affiatato ed esemplare gruppo giovanile (il Pio X), per la grande carità del suo parroco (can. Giuseppe Palena) e per l’attività teatrale che riempiva gli spazi dello svago e del tempo libero (allora le occasioni di divertimento erano molto poche e a volte costose per le povere tasche dei cittadini di Borgo Ala e Porta Milano, quartieri popolari), a cominciare dagli anni cinquanta, ma soprattutto sessanta, la realtà si trasforma a causa dell’immigrazione (prima dal Veneto – per l’alluvione del Polesine – e poi dal Sud). Anche gli interessi e l’attività ne sono condizionati. Si continua sempre, con la S. Vincenzo, a operare la carità verso le famiglie più bisognose o a portare un po’ di compagnia agli anziani della Casa di Riposo; i giovani continuano ad appassionarsi allo sport e la squadra di calcio dell’Astor partecipa con successo a tornei e campionati dilettantistici ma, grazie anche al Concilio che porta una ventata di freschezza nella chiesa e nella società, comincia a farsi strada un’attenzione maggiore per i problemi e la crescita della città: sono gli anni in cui si vuole essere vicino a quanti chiedono cambiamenti nella scuola, in cui si cerca di capire i motivi delle lotte sindacali per il riconoscimento di diritti importanti nel lavoro, in cui si è fra i protagonisti della nascita dei consigli di quartiere e della partecipazione alla cosa pubblica, in cui si parla di giustizia per i popoli svantaggiati.
Come per tanti altri giovani della città, gli anni ’60 (caratterizzati anche dal protagonismo di sacerdoti e gruppi giovanili prima ancora che si sviluppasse il movimento studentesco e l’attivismo delle organizzazioni di sinistra: basti pensare ai giovani e ai sacerdoti responsabili dell’Azione Cattolica, al Gruppo che frequentava don Gino Piccio, al Movimento Giovani Lavoratori, al Movimento Giovani Studenti) in città hanno rappresentato un momento importante per la presenza competente e convinta anche dei giovani formatisi negli oratori; e ciò coinvolge anche i giovani dell’Addolorata.
Nel 1967 si aderisce come ‘Circolo Pio X’ alla Consulta Giovanile cittadina: i rappresentanti sono Marisa Tozzini, Antonio Bottega, Carlo Baviera.
Da questo impegno e, grazie soprattutto a Paolo Ferraris (che fa conoscere iniziative, approfondimenti e documentazione) scaturisce l’interesse per le questioni socio-politiche della scuola, della città, del quartiere. Nel 1968 si organizza (per la Parrocchia) un ‘censimento’ degli abitanti per poter adeguare la pastorale alla realtà mutata e per conoscere più dettagliatamente le situazioni delle famiglie. Dal 1969 (in considerazione del fermento che comincia a alimentarsi anche grazie ad ambienti legati alle forze politiche) si sviluppa l’interesse per la partecipazione e il decentramento amministrativo e si comincia a seguire, con particolare attenzione, il dibattito che anche il Consiglio Comunale e l’Amministrazione Civica portano avanti per il cosiddetto “risanamento urbanistico del quartiere”: in questo settore coloro che partecipano con più impegno e che terranno i rapporti anche con gli Amministratori sono Pierangelo Bonzano e Paolo Ferraris.
Dal 1969 al 1974 (anno di costituzione ufficiale dei Consigli di Quartiere – prima erano Comitati spontanei) il tema della partecipazione, pur non essendo un’attività strettamente pastorale, ha visto però la Parrocchia, e non solo i suoi giovani, presente e attenta ai problemi sociali e civili (oltre alle questioni urbanistiche, il doposcuola, le esigenze giovanili, le situazioni di povertà, l’aiuto agli anziani, problemi igienici,...). Un non piccolo numero di persone attive in parrocchia lo vediamo, in questi anni, anche presente nella promozione di un mensile cittadino di informazione e dibattito politico (QUIEORA): Paolo Ferraris, che ne sarà il direttore dal ’71, Carlo Baviera, Pierangelo Bonzano, Claudio Cantamessa, Massimo Zeppa, Dino Falabrino, Mario Poletti, Pier Luigi Sartorio, Alfredo Rivoire, Gianni Palestro. Anche altri, però, sosterranno l’impegno per il Comitato di quartiere, che sfocerà nell’elezione del Consiglio di Circoscrizione (fra questi Luigi e Mariuccia Merlo, Lucia Milani, Severino Pierobon). Si sono esposti in prima persona, ma si individuava nella loro azione anche il retroterra parrocchiale, così come avvenne anni dopo col parroco don Gavazza nella difesa dei diritti delle persone immigrate.
L’interesse per queste problematiche e il sapersi calare, anche per la concomitante azione pastorale autonoma della Parrocchia, in queste realtà di tipo “sociale” ha portato nel tempo diverse persone ad assumere incarichi pubblici (nelle amministrazioni cittadina e provinciale, o negli enti): Paolo Ferraris, Paolo Filippi, Angelo Miglietta, Luigi Merlo, Carlo Baviera, Piero Novarese, Maria Merlo, Alberto Baviera, Pierangelo Bonzano, Francesco Sobrero, Maria Guarino. Vanno ricordati anche Nemesio Ala, trasferitosi a Torino negli anni ’70, il quale venne letto per le liste ambientaliste sia in Consiglio Regionale che Comunale, e Marco Porta il quale, pur non avendo svolto attività sociale con il gruppo formatosi all’Oratorio, fu per qualche tempo Assessore nell’Amministrazione Provinciale di Alessandria. 

Nonostante le numerose persone attente e dedite, anche senza partecipare alle istituzioni (ma tanti magari negli organismi scolastici), un impegno che continua anche nel terzo millennio, dagli anni ottanta comincia un lento rinchiudersi, un ritorno alla preoccupazione per le attività più propriamente pastorali, nonostante gli stimoli dei parroci e la generosità di alcuni laici impegnati nell’oratorio, nella catechesi, nella vicinanza con i giovani. Era tutta la società che favoriva il riflusso nel privato, e la politica, degenerando, allontanava molti. Gli anni novanta sono scossi per l’imprevisto e rilevante afflusso di immigrazione albanese: tutti furono presi in contropiede e messi in crisi per la lingua, la cultura, la abitudini diverse da quelle abituali e scontate. Don Gigi fu quasi completamente solo nel cercare di capire e farsi carico delle nuove presenze, e per cercare soluzione di casi non semplici dal punto di vista burocratico.
L’emergenza immigrazione non è terminata, è solo cambiata perché chiede una sensibilità diversa; si sono aggiunti la disgregazione delle famiglie, un maggior impoverimento, le difficoltà occupazionali, l’invecchiamento della popolazione, un aumento dell’ignoranza religiosa. Il nuovo secolo chiede alle comunità di credenti di ritornare alla formazione all’impegno civile e che alcuni riprendano il testimone, come in una staffetta, per una nuova azione sociale.