Parrocchia dell'Addolorata - Diocesi di Casale Monferrato
Solennità della Beata Maria Vergine Addolorata
15 settembre 2025
Omelia di Mons. Alceste Catella, Vescovo emerito di Casale Monferrato, alla Vigilia della Solennità, in occasione della Messa nella Festa della Esaltazione della Croce
Esaltazione della Santa Croce: così si chiama la festa che celebriamo in questa domenica; questa festa nacque a Gerusalemme per ricordare la dedicazione delle due basiliche fatte edificare da Costantino, avvenuta il 14 settembre 335. Ci è dunque proposto un incontro con la croce, una realtà che può suscitare una certa reazione di disagio e di ripulsa.
Quando si parla del messaggio cristiano, non c'è tuttavia parola che sia tanto spesso ripetuta; il segno della croce, infatti, è uno dei primi gesti che si insegnano ai bambini. Probabilmente questo termine ci mette istintivamente sulle difensive; il messaggio cristiano è bello, interessante, condivisibile..., ma la croce! Eppure, la croce di Gesù è la manifestazione più esplicita e alta della "serietà” dell'incarnazione del Figlio di Dio e delle sue "scelte di vita". Nei testi evangelici le sezioni più ampie sono quelle in cui la croce campeggia: siamo posti crudamente in faccia alla completa descrizione della passione di Gesù, della tortura nella quale muore. Qua e là, nei testi evangelici, appare chiara e precisa la scandalosa proposta di Gesù: andargli dietro significa "caricarsi della croce”. Al culmine dell'annuncio evangelico sta un'incredibile, sorprendente proclamazione: “Gesù Nazareno che cercate, il crocifisso, è risorto!".
Ecco dunque; la croce di Gesù, la nostra croce, il trionfo della croce. Questi elementi appaiono costitutivi della realtà cristiana; non sempre e non da tutti compresi in modo autentico, soprattutto quando si prescinde dall'uno o dall'altro elemento. Così, se si guarda solo al “portar la croce”, alla vita che è "tutta una croce”..., si ha quella forma di religiosità che - forse in maniera un po' ironica - si potrebbe chiamare il cristianesimo dei "sospiri”: l'esperienza cristiana appare cioè come un grosso peso da portare, un gravame morale e ascetico, una somma di doveri che ci pesano assai e che dobbiamo portare con pazienza passiva e lamentosa. Evidentemente, se diamo alla parola croce soltanto questo significato ne restiamo spaventati.
C'è, tuttavia, un altro elemento estremamente importante, quello che rende il cristianesimo esperienza autenticamente “liberante"; è a proclamazione del fatto che la morte di Gesù in croce è stata vinta dalla vita. È questo il vangelo fondamentale della croce, è il vangelo che fa passare dalla disperazione alla speranza, dalla solitudine all'amicizia, dalla tristezza alla gioia, dalla debolezza alla potenza. Qui abbiamo il vero volto della croce: essa manifesta Colui che dalla croce ci ha amato per primo, si è ricordato di noi, si è rivelato a noi come amore...
E ai piedi della croce stava Maria, l'Addolorata... Nel capitolo 19 del vangelo secondo Giovanni leggiamo: "Gesù vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: 'Donna, ecco tuo figlio!'. Poi disse al discepolo: 'Ecco la tua madre!'. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa". Questo testo ha una costruzione letteraria particolare: è uno "schema di rivelazione", è un testo scritto in conformità allo stile utilizzato dai profeti quando intendono trasmettere una “rivelazione”, cioè un messaggio di grande importanza che manifesta i progetti di Dio su eventi e persone. L'evangelista Giovanni è al corrente di questo schema e lo utilizza in diverse occasioni. I momenti della narrazione sono scanditi in tre termini: "vedere-dire-ecco"...
Un inviato di Dio "vede" una persona, si rivolge a questa persona "dice" una frase che inizia con "ecco", seguito da un titolo espressivo della missione che a questa persona viene affidata. Ricordiamo, a questo proposito, l'episodio di Giovanni Battista (il profeta); egli "vede" Gesù, "dice": " 'ecco' " l'Agnello di Dio...".
Gesù è il profeta del Padre, ripieno oltre ogni misura dello Spirito; sul punto di concludere la sua missione terrena, "vede" la madre e il discepolo, "dice": "Dona 'ecco' il tuo figlio (= le rivela il suo nuovo ruolo verso il discepolo); 'ecco' tua madre (= rivela al discepolo l'atteggiamento filiale che dovrà avere verso Maria)".
La scelta da parte dell'evangelista di questa singolare costruzione letteraria ci dice che siamo in presenza di un fatto assai rilevante; siamo in presenza di una rivelazione di portata salvifica, ecclesiale... Non si tratta di un fatto, per così dire, privato: la preoccupazione di un figlio che muore per la madre che lascia sola. Qui abbiamo la rivelazione di un progetto divino: affidare alla maternità di Maria chiunque è discepolo!
E come reagisce il discepolo di fronte a questa rivelazione? Il versetto 27b afferma: "E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa"; la accolse fra le cose sue proprie, fra i suoi beni più preziosi. Quali sono i valori, i beni che il discepolo riceve dal Maestro? Eccoli: la Parola, la pace, la gioia, l'Eucaristia... Ebbene da quell'ora il discepolo annovera fra questi tesori ricevuti da Gesù anche Maria, la Madre. Lui e poi tutti i discepoli ravvisano in Maria questo inestimabile "tesoro" donato da Gesù e che costituisce uno dei tratti fondamentali della fede e della vita cristiana!
Omelia di Mons. Gianni Sacchi, Vescovo di Casale Monferrato, in occasione della Messa nella Solennità della Beata Vergine Maria Addolorata
Carissimi fratelli e sorelle, caro parroco don Eugenio, diacono Ivan, don Renato.
In questo giorno santo la comunità si stringe intorno alla Madonna Addolorata, patrona di questa parrocchia.
Celebriamo la Madre ai piedi della croce, Colei che ha condiviso fino in fondo la passione del Figlio e che per questo è divenuta Madre della Chiesa (Lumen Gentium 58).
Il Vangelo ci ha condotti sul Calvario: "Stavano presso la Croce di Gesù sua madre..." (Gv 19,25). Maria non fugge, non si ribella, non si chiude nel silenzio sterile.
Resta.
Resta con il Figlio, resta con i discepoli, resta con noi.
È la donna forte della fede, che tiene accesa la luce quando tutto sembra spegnersi.
San Bernardo scriveva: "Tu, o Maria, hai compiuto il martirio nella tua anima, perché il dolore della passione del Figlio trapassò la tua anima come spada".
La sua fede non è ingenua illusione, ma forza che sa reggere l'urto del dolore.
Per questo Maria Addolorata diventa per noi modello di perseveranza: quando la vita ferisce, quando la speranza sembra spegnersi, Ella ci mostra come il dolore può essere trasformato dall'amore.
La liturgia ci fa contemplare Maria "associata intimamente all'opera del Salvatore".
Lì, ai piedi della Croce, il suo cuore è stato trafitto (cf. Lc 2,35).
Quel cuore ferito è segno di una maternità che abbraccia tutta l'umanità: "Donna, ecco tuo Figlio... Ecco tua madre" (Gv 19,26-27).
I sette dolori che la tradizione ricorda non sono soltanto episodi di sofferenza, ma tappe di un itinerario pasquale: dalla profezia di Simeone fino alla sepoltura di Gesù, Maria cammina nella notte della fede, ma non smette di dire il suo "sì".
Sant'Agostino osservava: "Ella stava, non solo perché era forte, ma perché l'amore l'aveva resa indistruttibile".
Carissimi, questa festa patronale ci provoca.
Il dolore non è realtà lontana: lo incontriamo nelle famiglie ferite, nella solitudine degli anziani, nei giovani che faticano a trovare il loro posto, nei malati che vivono il peso della prova.
Oggi, come ieri, il dolore rischia di generare disperazione e indifferenza.
Maria Addolorata ci insegna invece a trasfigurare il dolore in compassione, a non chiuderci nel lamento ma a farci vicini a chi soffre.
Papa Francesco ci ha ricordato che "accanto a ogni croce della storia c'è la Madre, che ci insegna la compassione e ci indica la speranza della risurrezione".
Per questa comunità parrocchiale, avere come patrona la Madonna Addolorata significa custodire una vocazione precisa:
- essere Chiesa che accompagna: non abbandonare nessuno nei momenti difficili, ma restare come Maria;
- essere Chiesa che consola: offrire la vicinanza della fede e la solidarietà concreta;
- essere Chiesa che spera: non fermarsi al Venerdì Santo, ma tenere fisso lo sguardo sulla Pasqua.
Fratelli e sorelle, oggi chiediamo alla nostra Madre di insegnarci a stare: stare accanto alla Croce dei nostri fratelli, stare nella fedeltà della fede, stare nell'attesa di Dio.
Il cuore trafitto di Maria diventa scuola di amore che non fugge, di speranza che non si arrende. di fede che non vacilla.
Affidiamo a Lei la nostra parrocchia, le nostre famiglie, i nostri giovani.
Che la Madonna Addolorata renda ciascuno di noi capace di trasformare il dolore in offerta, la prova in preghiera, la sofferenza in amore che salva.
Oggi, guardando la nostra Madre Addolorata, rinnoviamo la fiducia: non siamo soli, non siamo senza consolazione.
Ella è Madre che ci accompagna, è Donna che ci apre la strada della fede, è Sposa che ha creduto oltre la notte.
E con Lei possiamo dire, anche nella prova: "Noi sappiamo che la Croce non è l'ultima parola, ma l'inizio di una vita nuova".
Madonna Addolorata, patrona di questa comunità, prega per noi!
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